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Quel maledetto coltello…
(Il delitto di Osnago)

di Emilio De Marchi

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i libri di brianze




Quel maledetto coltello... Il delitto di Osnago di Emilio De Marchi inaugura la nuova collana editoriale I libri di Brianze, che si affiancherà alla rivista bimestrale giunta al suo quarto anno di vita.
Il progetto prevede la pubblicazione di testi legati al territorio, con particolare attenzione alla riscoperta e riedizione di romanzi, racconti e saggi storici dimenticati, senza tuttavia escludere tematiche di attualità, sociologia o naturalistiche. In cantiere ci sono già altri titoli che narrano vicende curiose e intriganti, apparsi tra fine ‘800 e inizio ‘900, poi andati dispersi, che verranno ristampati nel corso dei prossimi mesi.

Quel maledetto coltello… apparve per la prima volta nel 1899, stampato dall’Editore Vallardi, terzo di una serie di fascicoletti che costituivano il periodico La buona parola, diretto da De Marchi dal 1898 al 1900. I volumetti – in tutto ne uscirono una ventina - trattavano gli argomenti morali più vari, ed ebbero grandissimo successo: se ne diffusero oltre seicentomila copie, un numero eccezionale, soprattutto per l’epoca. Scritti con stile semplice e popolare, erano rivolti in particolare ai giovani lavoratori, anche per controllare i fermenti che covavano dopo la repressione dei moti del 1898, violentemente sedati a Milano dal generale Bava Beccaris. L’autore esortava “le persone facoltose, i proprietari e i capi degli stabilimenti e delle officine a fare larghi acquisti di opuscoli e a distribuirli gratuitamente nelle città e campagne …Se non sapete a chi donarli dimenticateli sui banchi delle botteghe, nelle carrozze dei tram, nei vagoni, nelle scuole, nei caffè, nelle osterie. L’agricoltore sparge la semente a caso: Dio pensa a farla crescere”.

Quel maledetto coltello… narra la tragedia di Stefano, detto “el bel biondin”, figlio unico di una vedova, persona correttissima e amata da tutti, ucciso da una coltellata nel tentativo di sedare un lite. L’intento educativo di De Marchi traspare non solo dalla vicenda – che si dice ispirata ad una storia vera – ma anche dal richiamo agli articoli del codice penale del tempo, ad uso e consumo di chi amava girare con “quel maledetto arnese, col suo manico saldo nel pugno, colla sua punta che fa rabbrividire”.

Di formato maneggevole e con un'immagine grafica sobria, recanti in copertina la riproduzione di un’opera di un pittore della Brianza, i volumetti potranno essere acquistati direttamente da Brianze o in alcune librerie selezionate tra cui:

PeregoLibri - Barzano’
Novantadue - Arcore
Ancora - Monza
Teodelinda - Monza
Ghiringhella - Concorezzo
Il gabbiano - Vimercate
L’indice - Vimercate
Essepi - Besana
Punto Einaudi - Como
Libreria Dominioni - Como
Libreria Noseda - Como
Libreria Voltiana - Como
Nespoli - Giussano
La Torre - Merate
Libreria del Centro - Merate
Il Circolo - Mariano Comense

La pubblicazione è stata realizzata in collaborazione con il Comune di Osnago, nell'ambito di un progetto promosso dalla locale Biblioteca "Primo Levi" denominato L'archivio della memoria.


Informazioni 0362.95589 - redazione@brianze.it




EMILIO DE MARCHI
QUEL MALEDETTO COLTELLO… (Il delitto di Osnago)
Editore Aretè, Collana I libri di Brianze, 2003, pagg. 46, 5 euro

Prefazione: MONSIGNOR GIANFRANCO RAVASI
Postfazione: LUCA CROVI

Immagine in copertina: L’AUTUNNO A MONTEVECCHIA, di LIVIO CAZZANIGA, 2000
Illustrazioni: ELIA PIROVANO

Prima edizione: ANTONIO VALLARDI EDITORE, 1899





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Emilio De Marchi (Milano 1851-1901) è considerato uno dei padri del “giallo italiano”. Orfano di padre fin da giovane, riuscì a terminare gli studi laureandosi in Lettere nel 1874. Docente all’Accademia di Milano, De Marchi si impegnò in numerose iniziative finalizzate alla diffusione dell’educazione tra i ceti popolari. I suoi primi romanzi vennero pubblicati a puntate su periodici e quotidiani tra il 1876 e 1877, iniziando a sperimentare quel genere di giallo che meglio si esprimerà con Il cappello del prete (1887). Il suo romanzo più importante rimane comunque Demetrio Pianelli (1890), a cui faranno seguito tra il 1893 e il 1900 Arabella, Redivivo, Giacomo l’idealista e Col fuoco non si scherza.




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Dalla prefazione di Gianfranco Ravasi

La vicenda personale del milanese Emilio De Marchi, nato nel 1851 e morto nel 1901 nel capoluogo lombardo da lui tanto amato, è presto delineata. È orfano di padre a soli 9 anni; tuttavia la madre energica (aveva combattuto nelle Cinque Giornate!) lo aveva con coraggio condotto fino alla laurea. La vita dello scrittore, completamente dedito alla sua città nella quale ebbe incarichi politici e sociali (fu anche consigliere comunale), fu segnata da una crisi profonda che rischiò di minacciare non solo la sua salute già precaria ma anche la sua fede religiosa, crisi causata dalla morte della figlia Cesarina all’età di soli quindici anni. Ma la sua esistenza fu votata soprattutto alla letteratura, striata in filigrana dalla spiritualità del suo autore, mai però pesantemente confessionale, e dal suo patriottismo, mai però nazionalistico.

Quel maledetto coltello… è, dunque, il titolo del terzo opuscolo ed è, come altri, strutturato secondo una cadenza semplice. Si parte col racconto esemplare, in verità molto schematico, che ha per protagonista el bel biondin di Osnago, Stefano, figlio della vedova di un muratore, ragazzo buono e creativo, dotato di una genialità artistica, orgoglio e speranza della madre. La narrazione, trapuntata costantemente da annotazioni moraleggianti, corre subito alla tragedia. La vita di Stefano è troncata da un colpo di coltello durante una rissa tra bande giovanili opposte di Osnago e Usmate, rissa nella quale egli s’era intromesso come paciere, mentre era a Lecco coi compagni per la visita militare.
Quello di De Marchi è dunque un testo appassionato, che fiorisce da uno scrittore che ha sentito il suo compito come una vocazione e una missione e non come un mero esercizio letterario. In tempi di violenza, come i nostri, le parole di questo opuscolo possono nuovamente risuonare come un appello alle coscienze. Quando “il colpo è dato e il sangue è sceso, siete assassini, la pace fugge per sempre dal vostro cuore”. In questa luce riproporre una pagina secondaria dello scrittore milanese non si esaurisce solo in una ripresa filologica né in un evento cittadino, considerata la località del protagonista del racconto, Osnago, ma si trasforma anche in una vigorosa riaffermazione della moralità, della coscienza etica, civile e religiosa della “Buona Parola”.

Mons. Gianfranco Ravasi, è prefetto della Biblioteca Ambrosiana di Milano, nonché membro della Pontificia Commissione dei Beni culturali della Chiesa.



Dalla postfazione di Luca Crovi

A leggere le prime righe della breve “lettura del popolo” di Emilio De Marchi ci sembra di assaporare i toni della favola, eppure poche righe più avanti scopriamo che un paesino tranquillo e pacifico come Osnago della Brianza può essere teatro di fatti di sangue (così come lo sono Napoli, Tivoli, Tradate) degni dei sobborghi del Bronx o di Parigi, e che El bel Biondin protagonista della nostra storia non è diventato un Michelangelo come nei sogni della sua mamma bensì è finito cadavere durante una rissa. Uno di quei tanti scontri di strada che mostra il carattere irascibile, ribelle, folle del popolo italiano, tanto avvezzo all’uso del coltello da essere temuto per questo in tutto il mondo.
L’intento di De Marchi è morale, il suo desiderio è di educare in maniera positiva i costumi dei suoi lettori. Egli infatti è convinto, come racconta anche nell’introduzione del suo Il cappello del prete, che v’è molto di “vitale, onesto e logico in questo gran pubblico così spesso calunniato e proclamato come una bestia feroce che si pasce solo di incongruenze, di sozzure, di carni ignude e al quale i giornali a centomila copie credono necessario servire di troguolo”.
Lo scrittore lombardo è profondamente convinto che la narrativa debba attingere al serbatoio delle storie reali, che debba servirsi della cronaca nera per trovare casi esemplari che possano essere narrati e approfonditi dal punto di vista morale, casi esemplari che possano stimolare il comportamento dei lettori. La voglia di realismo, il desiderio di moralità, l’attenzione al risveglio delle coscienze dei lettori porteranno De Marchi a flirtare spesso con il noir e le sue tematiche. Al nostro autore interessa che la coscienza degli italiani si rinnovi e che comincino a sentire il valore della vita umana e misurino “con più criterio le ragioni del bene e del male”.

Luca Crovi, critico musicale, conduttore radiofonico e giornalista, ha pubblicato diversi saggi e antologie dedicati al poliziesco italiano.

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