La magia della Passione di Cristo
Dopo quasi mezzo secolo dall’ultima rappresentazione, nel Duemila è ripresa al teatro “Licinium” di Erba la tradizione di mettere in scena la morte e la resurrezione di Gesù.

di Mauro Colombo
36 anni, è giornalista professionista. Lavora al mensile Il Segno e collabora con altre testate della diocesi di Milano.

La suggestione di un teatro immerso nel verde, l’estro di un autentico “creatore di eventi” e una vicenda capace di far leva sulla religiosità popolare sono alla base della magìa della Passione di Cristo di Erba, una tradizione risalente agli anni Venti e rinnovata nel 2000. Magìa? Sì, perché altrimenti non si spiegherebbe, a 45 anni di distanza dall’ultima edizione, l’afflusso di spettatori richiamati dal fragoroso petardo che segnala l’inizio dello spettacolo.
Il teatro è il Licinium, costruito nel 1928 sulla sommità del colle reso solenne dal Monumento ai Caduti di Giuseppe Terragni. L’eleganza e la plasticità della struttura ideata da Giacomo Pozzoli e Fermo Bassi, la singolare cornice naturale e il fascino della messa in scena nelle notti stellate ne hanno fatto sede ideale per le rappresentazioni classiche. Ma la storia del Licinium è legata indissolubilmente alla Passione.

ALBERTO AIROLDI. Entrambi sono “figli” dello stesso “papà”, Alberto Airoldi, poeta e uomo di cultura. Fu lui, con il fratello Federico, a promuovere e finanziare in gran parte la costruzione del Licinium. Fu lui ad animarne l’attività per oltre trent’anni - prima nelle vesti di podestà, poi come semplice appassionato -, impiegando fantasia e risorse personali nelle vesti di attore, regista, autore, impresario e organizzatore. E fu sempre lui a dare il via alla saga della Passione, collegata idealmente alle sacre rappresentazioni medioevali grazie a un’abile boutade. Airoldi fece circolare una versione secondo cui, a partire dal Medio Evo, gli abitanti del Pian d’Erba si tramandavano di generazione in generazione il racconto della Passione; nel ’600 questa tradizione orale era stata trascritta in volgare da un francescano, padre Selvaggio, che aveva poi affidato il suo manoscritto ai frati dell’Eremo di San Salvatore, dove, qualche secolo dopo, ne sarebbero stati rinvenuti alcuni estratti, utilizzati quale spunto per il copione. In realtà il testo - largamente attinto dal Vangelo - era opera dei due Airoldi e di Pozzoli. Ma più che il canovaccio, i caratteri che hanno reso la Passione del Licinium uno spettacolo unico sono lo stesso teatro - con la sua molteplicità di spazi scenici - e la felice commistione nel cast di professionisti e filodrammatici, oltre a un imponente numero di comparse, tecnici, attrezzisti e costumisti. Si può dire che tutta Erba fosse coinvolta in questa avventura sin dai lunghi mesi di prova, accompagnati da una massiccia azione di propaganda che raggiungeva tutta la regione e che attirava decine di migliaia di spettatori.

LA PRIMA DEL 1928. Dopo un’edizione ospitata nel 1926 in un preesistente teatro in legno, la prima vera Passione al Licinium fu nell’estate del 1928, con sei spettacoli tra il 14 agosto e l’1 settembre. Così ne scrisse la rivista di critica teatrale Fiera Letteraria: “Durante la rappresentazione ogni cosa, spiegamento di scene d’insieme, costumi, gioco di luci, effetti scenici, procede con bella sicurezza, senza un intoppo o fuori tempo... I ritrovati tecnici sono applicati con sapienza e fantasia alle esigenze del luogo: lo spettacolo notturno dei colli brianzoli, coi paesi illuminati, e il bel cielo sereno e stellato che s’alza, lontano e nitido, sulle grandi quinte e pareti degli alberi, racchiudenti le drammatiche scene del sacro mistero cristiano...”.
La Passione tornò in grande stile nel 1934, in una versione più completa grazie ai sapienti interventi dello scenografo Otha Sforza. La Crocefissione fu ambientata sull’altura prospiciente la scena: con il Golgota alle spalle, il pubblico doveva voltarsi sulle sedie o sulle panche per seguire la vicenda e, così facendo, gli spettatori delle ultime file si ritrovavano davanti a tutti (“Beati gli ultimi, perché saranno i primi”). Otha utilizzò in modo significativo anche il “golfo mistico” (la buca dell’orchestra davanti al palco): da lì, infatti, scaturiva la massa inneggiante al “Crucifige!” e lì si concludeva la tragedia di Giuda, annientato da vampe di fuoco. In occasione della “prima”, durante la Resurrezione, mentre Gesù (grazie a un rudimentale ascensore) veniva innalzato al cielo avvolto in una cortina di fumo, rimbombò un forte scoppio e il protagonista (Giotto Tempestini) scomparve in una miriade di scintille: un razzo era esploso proprio sotto le gambe dell’attore che, raggiunto solo parzialmente dalla fiammata, si era gettato a terra per domarla. Non si stabilì mai se il razzo fu dimenticato o posto intenzionalmente.

SACRALITA’ E GOLIARDIA. In effetti, nella storia della Passione erbese alla sacralità della vicenda si è spesso sovrapposta la goliardia di interpreti e membri dell’organizzazione: proprio nel 1934, per esempio, nell’ascesa al Calvario alcune comparse si armarono di “perette” piene d’acqua, che infilarono sotto le sottane delle “pie donne” inginocchiate. Fortunatamente gli strilli e le grida che ne seguirono furono interpretati in platea come l’espressione di un’autentica partecipazione al dramma che si stava compiendo... Ad ogni modo, la stagione fu premiata da un clamoroso successo: in quasi due mesi di repliche assistettero alle rappresentazioni più di 35 mila spettatori, provenienti da tutta la Lombardia, dalle regioni vicine e dalla Svizzera. Nel 1952 Airoldi e Pozzoli studiarono un nuovo allestimento, chiamando l’attore Gianni Colla, della famosa famiglia di marionettisti, a interpretare Gesù. Dalla selezione indetta in città per affidare gli altri ruoli della rappresentazione emerse in particolare Gianfranco Mauri (Giuda), che avviò così una carriera che l’avrebbe visto calcare per quarant’anni i palcoscenici di tutto il mondo con il Piccolo Teatro di Milano. Fu cambiata la scena della dannazione di Giuda: dopo aver gettato i trenta denari, il traditore dava sfogo alla sua disperazione lanciandosi in una corsa sfrenata nel prato dietro il palco, mentre una luce illuminava l’albero dell’impiccagione. Per l’accompagnamento musicale furono selezionati brani di Bach, Beethoven e Chopin, eseguiti dal vivo su un organo capace di grandiosi effetti. I costumi, disegnati da Otha Sforza, furono realizzati nella sartoria teatrale di Pia Rame. Gli interpreti resero lo spirito della vicenda con grande umanità, in modo sincero e spontaneo. Gli spettatori salivano a frotte al Licinium (in 26 repliche le presenze totali furono circa 30 mila) e, una volta in platea, seguivano la rappresentazione con raccoglimento quasi mistico, anche se non mancavano i soliti scherzi. Una sera, durante il processo a Gesù, un cameriere attraversò la scena reggendo un vassoio. Che cosa era successo? L’organista aveva sete, ma naturalmente non poteva lasciare la sua postazione, a fianco del palcoscenico, per recarsi al bar del Teatro. Era quindi stato avvisato il cameriere, che però si trovava dalla parte opposta. Qualcuno, approfittando della sua ingenuità, lo “consigliò” così: “Con i riflettori puntati sul palco, in scena non si riesce a scorgere la platea. Così, se tu passi proprio dietro ai fari, la luce ti coprirà e nessuno spettatore ti potrà vedere...”. Ilarità generale e solenne sfuriata del regista Airoldi.

L’ULTIMO SPETTACOLO. Della Passione si tornò poi a parlare nella primavera del 1955. L’organizzazione si valse di un numero maggiore di attori professionisti - con Elio Jotta nei panni di Gesù -, acquistò un centinaio di nuovi costumi e commissionò l’accompagnamento musicale al maestro Ennio Gerelli, direttore dell’Orchestra Sinfonica di Milano: degne di rilievo erano la “pastorale” del primo atto, la melodia di fiati dell’Ultima Cena, l’incalzare ossessivo della Via Crucis e il grandioso sviluppo corale che accompagnava la Resurrezione. Sessantamila spettatori giunsero al Licinium in quel 1955 e il 30 agosto una piccola cerimonia festeggiò la 200a replica nella storia della Passione. Nonostante il successo artistico, il bilancio finanziario si chiuse in rosso, a causa della stagione eccezionalmente inclemente, che causò l’interruzione di diverse repliche. Così, gli spettatori che abbandonarono la platea la sera del 10 settembre 1955 furono per 45 anni gli ultimi ad aver assistito alla Passione al Licinium. Il black-out della sacra rappresentazione ha accompagnato la crisi del Licinium, avversato tra gli anni Sessanta e gli anni Ottanta da un progressivo abbandono, a causa della costante minaccia della pioggia e dell’affermazione di altre forme di intrattenimento. Poi, a partire dal 1993, il Teatro ha ricevuto nuovi impulsi grazie alla costituzione dell’Accademia dei Licini, associazione privata che si è fatta carico dell’organizzazione di nuovi spettacoli e ne ha promosso il restauro, finanziato dal Comune di Erba e dalla Provincia di Como. Fin dalla sua costituzione, il “sogno” dell’Accademia è stato quello di rimettere in scena la Passione e il Giubileo del 2000 ha posto le premesse ideali per la sua realizzazione.
La produzione ha fatto capo all’associazione, ma l’allestimento ha richiesto lo sforzo congiunto di numerose realtà del territorio, con il Comune in prima fila nel sostenere l’iniziativa, che ha poi beneficiato di adesioni prestigiose (Regione, Provincia, Comunità Montana, Diocesi di Milano e Fondazione Cariplo) e del contributo di diversi sponsor. La regia e la responsabilità artistica sono state affidate al professionista milanese Gianlorenzo Brambilla, che ha recuperato il testo originale, adattandolo alle moderne esigenze di scena e approfondendo il profilo psicologico di alcuni personaggi. Rispetto assoluto della tradizione anche nella magistrale utilizzazione degli spazi (oltre al palcoscenico, il prato sullo sfondo per l’ingresso in Gerusalemme, il palchetto d’onore per il Pretorio, il bosco per il Getsemani e la suggestiva scala di pietra per il Calvario) e nella composizione del cast: alcuni professionisti (tra cui Giovanni Lucini-Gesù e Gianni Mantesi-Caifa) e oltre settanta interpreti locali. Dopo alcune perplessità (molti appassionati erbesi vedevano la Passione come una cosa “loro” e avrebbero preferito una soluzione “autarchica”), si è creata una compagnia unita e affiatata, distintasi per impegno, entusiasmo e bravura insieme a quanti hanno operato dietro le quinte. Grande successo di pubblico e di critica per tutte e sei le serate programmate nel mese di luglio: circa 2700 le presenze complessive, con una quota media per serata di oltre 400 spettatori.
Il romanzo della Passione di Erba ha scritto un altro capitolo. E la storia continua…